Siamo soliti considerare il dolore come sintomo, ma gli ultimi studi propendono per una vera e propria emozione negativa, visto che attiva le stesse aree del cervello responsabili di emozioni negative (pur non coincidendo queste ultime con il dolore: infatti, in chi soffre di Alzheimer, dove risulta compromessa la zona delle emozioni negative, scompare lo stato emotivo tipico del dolore).
I meccanismi coinvolti nella percezione del dolore sono tanti, così come tanti sono i fattori che influiscono su quanto si soffre, a partire dalle emozioni.
Le neuroscienze e le osservazioni compiute con tecniche di bioimmagine* hanno evidenziato che, contrariamente a quanto fino a oggi creduto, non esiste un “centro del dolore”, ma che, al contrario, tutto il cervello è coinvolto nell’esperienza del dolore. Esperienza che è strettamente personale e può cambiare a seconda delle circostanze, perché esistono una miriade di fattori psicologici e sociali, oltre a quelli genetici, che entrano in gioco e che possono amplificare o ridurre la percezione cosciente del dolore.
Per provare a spiegare il meccanismo che sottostà al funzionamento del senso nocicessorio possiamo immaginare un segnale che, dal colpo preso su un arto, viaggia verso il cervello, arrivando sia al cosiddetto “sistema laterale”, che ci fa sentire lo stimolo dolorifico, sia al sistema mediale, che invece ci fa provare la sofferenza, ovvero il connotato emotivo negativo del dolore.
Dolore ed emozioni
Tra i fattori che amplificano il dolore c’è l’ansia: riuscire a diminuirla può essere considerato già di per sé una terapia del dolore. Tenere sotto controllo le situazioni in cui l’ansia nasce, come temere il dolore, scatena i processi che “anticipano” il dolore stesso, inducendo il rilascio di sostanze che lo amplificano; queste è una delle mission del progetto “NeuroFeedback dinamico”.
Anche la depressione gioca un ruolo, soprattutto nel dolore cronico, con un effetto bi-direzionale per il quale il dolore cronico può far ammalare di depressione. Un ottimo strumento per combattere il dolore, in questo caso, è la distrazione; essere assorbiti da una musica piacevole; essere impegnati in un videogioco, tanto da non accorgersi del tempo che passa mentre si fa terapia.
Anche l’aspettativa positiva influisce sulla percezione del dolore: lo dimostrano gli studi con l’analgesia da placebo che vede il dolore ridotto o scomparso.
Infine, sempre in ambito neuroscientifico, sta emergendo come l’interazione sociale tra chi cura e chi soffre siano in grado di ridurre il dolore, utilizzando gli stessi meccanismi, le stesse vie biochimiche degli analgesici.
Con queste premesse, offriamo un sistema che si fonda sui principi della neuroplasticità e dell’omeostasi dinamica attraverso i quali il cervello è alla ricerca perpetua delle condizioni ideali di equilibrio ed è in continua evoluzione. A qualsiasi età e qualunque sia la condizione psicofisica della persona, il cervello è in grado, grazie al supporto del Dynamical Neurofeedback®, di ritrovare la stabilità e l’efficienza perduta a causa dei traumi fisici e psichici che una persona ha accumulato nel corso della propria vita.
Il trattamento, non medico, si basa sull’utilizzo di un computer e di un software da parte di un neurotrainer che ha acquisito l’idonea competenza professionale tramite corsi ad hoc.
Il Dynamical Neurofeedback® (neurofeedback dinamico non lineare) Neuroptimal® è una metodologia non invasiva e indolore che permette di dare al cervello informazioni su se stesso, così che possa autoregolarsi e ottimizzare la propria attività. In questo modo avvengono cambiamenti e miglioramenti a livello cognitivo, emotivo e fisico. Questa tecnica d’avanguardia è ampiamente praticata negli Stati Uniti e si sta diffondendo in molti paesi, sempre più organismi di salute ne fanno largo uso. Un numero crescente di studi scientifici ne conferma la validità e l’efficacia.
* Informazioni tratte dal Numero 3 di “Fondamentale” (a cura della Redazione) – ISSN 2035-4479